lunedì 22 settembre 2025

Jung lo sciamano per le strade di Roma

Qualche domenica fa ero a Roma, con la mia Brompton, in direzione Campo de' Fiori. Invece di seguire via Arenula che da Largo Argentina arriva all'altezza di via dei Giubbonari, ho deviato per una piccola e solitaria strada: via dei Barbieri. Sulla destra mi sono attardata di fronte a un deposito bagagli, domandandomi se la mia bici potesse entrare negli armadi a pagamento. Una di quelle idee tanto inutili nell'intenzione quanto strumentali al destino che si compie.

Proseguo. Subito dopo il luggage storage, mi volto a sinistra e una porta a vetri incastonata nel muro pesante di uno storico edificio lascia intravedere una scala e libri ovunque. "Ora entro!" mi sono detta. Ma ho proseguito perché non era il momento. Buio. La memoria di quel luogo delizioso è stata inghiottita dalle solite frasi che si dicono in queste circostanze, "Ci tornerò", e dalle incombenze della vita quotidiana. Fino a quando martedì scorso non mi è arrivata una newsletter dell'editore Mediterranee nella quale si annunciava la presentazione del libro di Paola Giovetti, uscito quest'estate e che ancora avevo sul comodino, Carl Gustav Jung. Il grande sciamano. Una biografia, presso la libreria Spazio Sette di via dei Barbieri 7. Non potevo di certo mancare.

mercoledì 10 settembre 2025

Lazio, davanti alla decisione di evitare dibattiti su Gaza mi chiedo: a cosa serve la scuola?

Se anche nella scuola non ci rendiamo conto che quello che sta accadendo ai palestinesi riguarda l’intera umanità abbiamo un grosso problema

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sabato 28 giugno 2025

Solo l’Occidente ha licenza di uccidere: tutte le analisi di oggi si riducono a questi pochi punti

I governi occidentali sono guidati da un bullo paci-guerrafondaio, e i loro rappresentanti sembrano gli attori balbettanti di una commedia neppure troppo divertente

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domenica 10 dicembre 2023

"Meritocrazia": quella parola coniata da Michael Young nel 1958

La parola merito sembra innocua, anzi, altamente democratica. Ma nel saggio distopico di Michael Young, L'avvento della meritocrazia (1958), è pervasiva e totalitaria, fortemente conservatrice.

Il saggio è ambientato nel 2033 in Inghilterra e ricostruisce gli eventi che hanno sradicato il nepotismo e il principio ereditario capisaldi della distinzione in classi e della distribuzione delle ricchezze, che in una società di tipo rurale aveva come fine la conservazione del potere nelle mani di famiglie aristocratiche per nascita.

Alla base della trasformazione in senso progressista, il sociologo-protagonista del saggio pone due fenomeni. Il primo riguarda l'affermazione del partito laburista che attraverso una politica favorevole all'uguaglianza di opportunità, concretizzato prima di tutto in un sistema scolastico inclusivo e accessibile anche alle classi povere, ha stimolato la mobilità sociale. Il secondo esprime la necessità oggettiva di rendere l'Inghilterra competitiva nello scenario economico internazionale, attraverso investimenti razionali in capitale umano, da scovare nelle famiglie di qualsiasi estrazione sociale per istruirlo e formarlo al successo dell'intera nazione. Da qui la diffusa e pressoché unanime accettazione e promozione di leggi in favore di un sistema scolastico particolarmente attento all'istruzione dei più dotati: dalla creazione di scuole di eccellenza alla paga settimanale per gli studenti più meritevoli. 

L'unità di misura del merito è il QI. Un'intelligenza accertata con test specifici e sempre più raffinati, predittivi del successo futuro.

Ora, tutto questo sembra oggettivamente sensato: come si può contestare il principio secondo cui l'istruzione sia alla base di una società che partecipi da protagonista alla dinamiche concorrenziali nazionali e internazionali? Tuttavia la questione centrale, che emerge in questo saggio e che lo fa portavoce appunto di un'utopia negativa, è nascosta dietro un formulario specifico, rivelatore di una concezione utilitaristica della conoscenza. Alla base dell'istruzione traspaiono scelte razionali tendenti a massimizzare l'utilità individuale e sociale, ovvero quei vantaggi che si traducono in competitività. L'istruzione è fondamentalmente e sin dalle scuole primarie un patrimonio non finanziario, ma intellettivo, da immettere nella macchina economica.

La civiltà è valutata in funzione del ritmo del "progresso sociale" e della capacità di "resistere alla concorrenza", entrambi determinati da quanto "il potere si accoppia all'intelligenza": l'intelligenza allocata nei posti di potere è alla base del vantaggio competitivo di una nazione. Pertanto, una società efficiente è quella che non "spreca" risorse e fa "il miglior uso del materiale umano e dell'ingegno". In questa ottica, l'intelligenza è l'insieme delle "qualità occorrenti a trarre profitto da un'istruzione superiore".

Un'intelligenza misurabile, s'è detto: "non appena si comprese che anche a una macchina si può esaminare e valutare l'intelligenza", scrive il sociologo, "proprio come a un cervello umano, fu possibile stabilire un'unità di misurazione". Il cervello è un terreno da sfruttare, e la conoscenza è l'insieme dei raccolti che verranno successivamente immessi nel mercato. 

Chi sono, allora, i meritevoli? Sono i "geni", quelle "persone superiori" contrapposte ai "deficienti". Sono una "minoranza creatrice" che si distingue per un QI superiore a 125/130 dalla "massa ignorante". Il meritevole è un innovatore che "con un solo gesto fa risparmiare il lavoro di diecimila persone". Possiede una "curiosità inesauribile". Appartiene a una "dinamica élite" con la responsabilità e il privilegio di portare sulle proprie spalle un "destino genetico".

Giungiamo così all'acme del ragionamento: "Gli uomini dopotutto si distinguono non per l'uguaglianza, ma per l'ineguaglianza delle loro doti". A stabilire l'ineguaglianza è la stessa natura che ha assegnato a ciascuno una "posizione nella vita proporzionata alla sua capacità".

Il vero mutamento degli ultimi cento anni non consisterebbe nella ridistribuzione delle ricchezze, ma dell'intelligenza, che a sua volta ha modificato la stessa natura delle classi: ora a classi superiori corrispondono intelligenze e capacità superiori; viceversa a classi inferiori corrispondono capacità inferiori. Un nuovo mondo fondato sul merito che "non aveva più bisogno che gli intelligenti si mescolassero agli stupidi". Un nuovo mondo in cui "i capiclasse delle elementari costituivano i futuri dirigenti della nazione".

Il cerchio si chiude. Il progresso ottenuto grazie alla meritocrazia conduce all'affermazione di un nuovo ideale, "l'aristocrazia dell'ingegno", e agli eventi che concludono il saggio.

Nell'uso calcolato di qualunque valore umano (come l'intelligenza), al quale venga tolto il carattere individuale e sfuggente al fine di standardizzarlo, quantificarlo e impiegarlo per massimizzare il profitto economico, sembra annidarsi la maledizione di questo mondo: l'impossibilità che tutti possano essere felici, e se non felici almeno in pace. 





domenica 3 dicembre 2023

Dal New York Times - Il genere rosa di Nora Roberts

 Se c'è un genere letterario che non mi ha mai entusiasmata è quello del romanzo rosa. Però, non sarebbe corretto da parte mia scagliarmi contro questo tipo di letteratura per il semplice fatto che non ho mai superato la decima pagina. Nella casa di famiglia, in campagna, ce n'erano diverse quantità ed era anche divertente osservare come i titoli andavano e venivano, scambiati da lettrici decisamente accanite. Erano pomeriggi estivi caldi e lunghi, in cui il tempo rallentava fino a fermarsi e di nuovo a espandersi tra le pagine di un libro. In quei libretti il tempo sembrava consumarsi velocemente al ritmo di amori eterni che nascevano sempre da uno scontro iniziale. Ma del resto come afferma Nora Roberts in un'intervista su New York Times del 18 novembre ogni genere ha la sua struttura narrativa e nel romanzo rosa questa struttura ruota intorno al desiderio di relazione. Non importa il sesso della coppia, ma la semplice e istintiva volontà di creare un legame, anche solo per poco. Nora Robert ha iniziato a scrivere durante una bufera di neve, bloccata in casa con i suoi figli piccoli per diversi giorni ed è diventata un'affermata scrittrice di romanzi rosa vendendo oltre mezzo miliardo di copie. Il suo happily ever after è un messaggio: le sue eroine non sono né vittime né perfette; semplicemente raggiungono i propri obiettivi. Per questo si definisce femminista, sfidando lo stesso pensiero femminista su questo genere letterario.


domenica 31 luglio 2022

Specchi nel labirinto - IV

Mentre vedo la mia immagine assottigliarsi negli specchi, sento che questo luogo si fa sempre più angusto. Sono stretto in una morsa, come crocifisso. Il mio corpo è una voragine che mi risucchia le viscere. La forza dei miei muscoli non può nulla di fronte alle catene invisibili che mi costringono a terra. L’istinto, che mi suggeriva la chiarezza del gesto più spietato, balbetta ora i suoi ma, ritraendosi alle parole folli di Teseo. Così, muoio a causa di suoni invisibili - che siano maledetti - pronunciati dalla sua bocca. Ah, morirei in pace se solo lui sferrasse un colpo con la lancia che ha portato con sé, ma che ha gettato senza cura in un angolo, senza temere che io possa ucciderlo. Potrei, ma una oscura volontà mi impedisce il gesto più semplice.
Anche l’odio e il desiderio di vendetta per Teseo non sono bastati a conservare l’immagine di me nello specchio, perché la mia non è l’immagine di un animale. Io sono solo un mezzo animale, escluso dal regno delle bestie, nelle quali la ferocia più grande non raggiungerà mai la grandezza dell’odio umano. Perché solo gli uomini sono in grado di trasformare la forza cieca della natura nelle emozioni più spietate. La fame non è tanto malvagia quanto l’odio. Gli specchi del labirinto non mi riconoscono più. Ho perso me stesso e non c’è più motivo che io viva.
“Dove sei, amico mio!”
“Io non sono tuo amico. Ma l’ombra che non ha la forza di perseguitarti”
“Sì che lo sei. Grazie a te ho potuto vedere chi non sono e il mio compito sarà quello di liberarti da questo luogo e di mostrarti al mondo, al di là di ogni giudizio, senza vergognarmi di te. Vieni, andiamo. Tu sei il Minotauro e io sono Teseo. La follia ci ha riuniti”.