domenica 17 luglio 2022

Specchi nel labirinto - II

Eccolo, è arrivato.

“Teseo! Ti aspettavo. Rilassati, non ho intenzione di divorarti. Voglio solo parlare con te, per il momento”

“Essere abietto, dove sei? Non ti vedo!”

“I tuoi occhi non possono vedere attraverso l’oscurità. Quindi dovrai accontentarti di sapere che sono a pochi metri da te solo attraverso la mia voce. Fino a quando mi sentirai parlare, saprai dove mi trovo. Al contrario, dovrai temere per la tua vita quando non udrai che silenzio, perché allora potrei essere ovunque: accanto a te, alle tue spalle, di fronte al tuo volto. A quel punto la lancia con cui pensi di uccidermi la brandiresti nel vuoto. Voglio però essere generoso con te”

“Non credo alla tua generosità. Un essere spregevole come te non sa cosa sia la generosità”

“Noto con disappunto che sei offensivo e sono stupito dei tuoi pregiudizi. Ci conosciamo appena e già mi assegni appellativi come abietto, spregevole. Vacci piano con le parole. Potrei perdere la pazienza. Non so se provo per te allegria o pietà”

“I miei non sono pregiudizi. Io so chi sei”

“Se sai chi sono, saprai allora che sono il frutto dell’amplesso di una regina e di un toro sacro. In fondo, le mie origini sono regali quanto le tue e anche divine, direi. Il tuo senso di superiorità è dunque fuori luogo”

“Ma tu sei un mostro! Sei un demone, non un dio”

“Beh, dipende dai punti di vista. Sono puro istinto. Sono tutto ciò di cui voi uomini avete il timore: la forza indomabile dell’animale da cui discendete”

“Sono gli dèi ad averci creati”

“Quelli che tu chiami dèi si sono divertiti a fare degli esperimenti. Avevano bisogno di manodopera, non certo di figli da coccolare”

“Che gli dèi possano avere pietà di te”

“Dai, su, non fare quella faccia. La tua espressione abbattuta mi lascia pensare che in fondo dietro al tuo impeto eroico si nasconda un bambino tremante e piagnucoloso che si è accorto di essere orfano, solo un trovatello e non il figlio desiderato”

“Io sono Teseo!”

“Sai che paura. Non farmi ridere. Credimi se ti dico che sarò generoso e volgiti verso la parete. Specchiati, dai, fa come ti dico. Bravo, così. Ora mi vedi?”

“Sì, sì, sei alle mie spalle! Ma, ma, perché non vedo la mia immagine?”

“Ora che fai? Piangi? Cos’è questo odore? Io non conosco quest’odore! Non è quello della solita paura”

“Dove sono? Chi sono io? Sono forse un fantasma? Di fronte a me non vedo che le immagini riflesse della solitudine, che si moltiplicano scavando nel mio cuore una voragine senza fine. Dimmi, essere sconosciuto, tu mi hai già divorato e sono ormai uno spettro?”

“Veramente, ancora non ho avuto il piacere di assaggiare la tua carne. Ma, emani un odore che non stimola il mio appetito. Troppo amaro. Non sei morto, senz’altro. Riconosco l’odore dei cadaveri, è disgustoso. E’ per questo che divoro le mie vittime quando sono ancora vive”

“Dunque, questo luogo infernale ha cancellato la mia persona? I corridoi di cui questo labirinto è composto non conservano le mie orme a testimonianza della mia venuta? Qui, il mio nome è solo puro suono disincarnato, un’ombra di cui il mondo conserva un vago ricordo, come quello di un uomo qualunque. Non un eroe la cui fama attraversa la terra, ma un essere sconosciuto a se stesso il cui destino è incerto e confuso, al confine della pazzia. E cos’è questo filo che tengo tra le mani?”

“Te lo ha dato quella poveretta che attende là fuori il tuo ritorno. E’ davvero cotta di te. E’ ignara di quanto volubile sia il suo eroe. Se solo sapeste quanto di voi è in colui che dite di amare alla follia, e quanto l’istinto è ammantato di sentimenti elevati! Siete innamorati solo di voi stessi. Ma sarebbe già qualcosa se quel legame vi rivelasse chi siete veramente, proprio come questi specchi. Allora riuscireste ad amarvi sul serio, senza intenzione, senza aspettative, senza richieste... Bah, ma sto diventando troppo sentimentale. L’amore non è affare che mi riguardi”

“Ah, già, è il filo che dovrebbe tirarmi fuori di qui”

“Sì, una volta che mi avrai ucciso”

“Non ricordo più. Perché dovrei ucciderti?”

“Ricominciamo daccapo? Perché devi porre fine ai sacrifici periodici dei giovani ateniesi, eccetera eccetera. Che noia!”

“Ora, in questo luogo oscuro, guardando in questo specchio, mi sento smarrito: non è più la tua figura di mezzo toro e mezzo uomo a indignarmi”

“Eh già, in quanto eroe, tu non provi paura come i comuni mortali, ma ti indigni. L’indignazione emana l’odore di pietanza scondita”

“Ti prego, non prenderti gioco di me. Non vedi che sono disperato? Tu sei abituato a rimanere nascosto, al riparo degli sguardi degli uomini. Ma io sono un eroe, uno che supera le prove con il suo coraggio e la sua prestanza. Io ero Teseo. Mentre ora sono una sagoma vuota allo specchio. Capisci?”

“Dunque l’amarezza del tuo odore è quello della disperazione”

“Non provi pietà di me?”

“Francamente, mi stai dando sui nervi. Sei venuto fino qui senza la carne viva, e neppure ho voglia di mangiarti dal momento che non stimoli il mio appetito. Non posso ucciderti perché altrimenti inizieresti a puzzare e questo luogo diventerebbe invivibile. Insomma, la tua presenza non è che un fastidio per la mia persona, e ora dovrei anche preoccuparmi della tua depressione”

“Aiutami, ti prego! Mi sento immobilizzato. Non posso uscire da questo labirinto avendo smarrito il mio volto e le mie fattezze. Sto per impazzire”

“Non impazzirai se avvolgerai il filo all’istante e tornerai da Arianna, che è in pensiero per te”. Se va via, mi fa un favore.

“Ah, come potrei uscire di qui senza averti prima ucciso. Oltre a non sapere più chi sono, mi coprirei di vergogna!”

“Allora prova ad uccidermi. Tornerai indietro con qualche ammaccatura che mostrerai come prova della tua lotta”

“Il punto è…”

“Qual è il punto?”

“Il punto è che non sono più sicuro di volerti uccidere. L’immagine di Teseo che i racconti degli uomini descrivono non è che un miraggio. Quello che vedo stando di fronte a me stesso in questo luogo non è che il nulla. C’è il nulla e ci sei tu.”

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