sabato 11 aprile 2020

Trentatreesimo giorno

La porta si apre in una biblioteca. Due poltrone al centro, una di fronte all'altra. Lungo le pareti svettano scaffali colmi di libri: in piedi, sdraiati, liberamente disposti; qualcuno ha imposto loro un ordine casuale. Oltre le poltrone c'è il lago. L'ampia finestra lascia penetrare luce e colori rassicuranti. Zurigo è immersa nell'ameno procedere di barchette che scivolano sull'acqua, inconsapevoli del dramma dell'uomo quando si confronta con Dio.
Seduti sulle poltrone sono il dottor Jung e Giobbe. Giobbe è spaventato: ha scorto la doppia natura di Dio. Ha sentito le sue ossa frantumarsi sotto i colpi spietati di quella natura, e ha gridato al cielo in attesa dell'aiuto di Dio contro Dio. Ma ora vuole capire. Il male non è assenza di bene - suggerisce Jung, che si è inoltrato negli abissi della psiche facendosi largo tra le ombre - ma entrambi abitano la stessa casa.
Il dottore osserva Giobbe, mentre il fumo della sua pipa si mescola allo spirito dei tempi e si chiede come l'uomo dei nostri giorni, allevato ed educato cristianamente, reagisce alle oscurità divine che gli si palesano nel tuo libro, Giobbe? E nella vita.
Il poveretto, preme con tutto il peso del corpo sullo schienale della poltrona, chiude gli occhi e si abbandona al dolore, stringe con le mani i braccioli per non precipitare. Cos'è questo male che sconquassa il cuore, come un regno saccheggiato e messo a ferro e fuoco? Dove si è nascosta l'infinita giustizia di Dio? E perché la sua infinita potenza vuole annientare un verme come è l'uomo?
Dalla radio in sottofondo un grido interrompe bruscamente la dolce musica: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Il dottor Jung risponde a Giobbe:
"Tu sei stato scelto per mostrare nella tua carne l'antinomia di Dio a Dio stesso, incosciente della sua duplice natura. Con te la consapevolezza di questo fenomeno ha avuto inizio. Era già deciso sin dall'inizio che la storia umana non avrebbe rappresentato altro che l'incarnazione di Dio, di cui il Cristo è una realizzazione: il divino si è unito all'umano. L'uno non può prescindere dall'altro".
Giobbe è dunque riabilitato. Può tornare a vivere.

(Suggestioni dal libro Risposta a Giobbe di C. G. Jung)