venerdì 3 aprile 2020

Venticinquesimo giorno

Di ritorno da una passeggiata ideale in una campagna immaginaria, passando per un campo fitto di margherite bianche e gialle, assaporando l'aria profumata e accarezzando con lo sguardo il cielo di un azzurro infinito, circondata da tutte quelle condizioni atmosferiche raccolte nei disegni dei bambini quando sono felici, arrivo davanti alla porta di casa. La apro, attendo qualche minuto prima di entrare, per sfilarmi le scarpe ricoperte di uno strato sottile di terriccio. Quindi varco la soglia e lascio che la porta si chiuda alle mie spalle. Il silenzio riempie la stanza. Eppure di tanto in tanto sembra che qualcosa gli sbatta contro. Insiste per un po', si interrompe, per poi ricominciare. Cerco intorno a me. Tutto, compreso il silenzio, è al suo posto. Nulla è mutato e ormai la passeggiata potrei dirla simile a un sogno. Ma all'improvviso il mio occhio mi strattona di qua e di là, all'inseguimento di una piccola ape ronzante che è cascata, spinta chissà da quale istinto, nella rete della porta aperta di casa mia.
Però il suo verso non è quello solito delle api. Sembra piuttosto una parola: in-tro-vi-sio-ne.
L'ape ha fiutato uno spiraglio nella finestra semi aperta e fugge via.
Introvisione  riassume il senso di questo tempo trascorso, non solo in casa, ma in un "dentro" che può essere portatore di immagini. E dalla combinazione delle immagini, si sa, nasce il racconto. Come dai suoni la musica.