martedì 24 marzo 2020

Quindicesimo giorno

Ho letto il saggio di Jung del 1936 su Wotan, in cui cerca di spiegare il nazionalsocialismo, non in termini razionali, economici o politici, ma come il risveglio di un archetipo pagano, a lungo represso dalla coscienza germanica. Il punto di vista è quello di uno studioso dell'inconscio, lo stesso inconscio da cui nascono i sogni.
Non voglio e non posso parlare dell'inconscio in termini scientifici, per esempio lanciandomi nella dimostrazione della sua esistenza. Mi accosto a questo spazio appunto sconosciuto, come farebbe una donna primitiva di fronte alle immagini che di notte vede apparire nel sonno. Quella donna non si domanderebbe se sono reali o frutto di semplici impulsi elettrici o chissà cos'altro. Anzi, presterebbe molta attenzione a quel che quelle figure simili a fantasmi le suggerirebbero e ne sarebbe afferrata.
Tenendo presente questo atteggiamento primitivo, Jung invita i suoi lettori a riconoscere alle soglie della seconda guerra mondiale il ritorno di antiche energie e scrive: "Se ci fosse lecito dimenticare per un momento che viviamo nell'anno del Signore 1936 e che per conseguenza crediamo di spiegare il mondo razionalmente in base ai fattori economici, politici e psicologici; se accantonassimo la nostra bene intenzionata ragionevolezza umana, troppo umana; se ci permettessimo di accollare a Dio o agli dèi anziché all'uomo, la responsabilità degli eventi contemporanei, allora Wotan farebbe proprio al caso nostro come ipotesi causale. Oso perfino avanzare l'eretica affermazione che il vecchio Wotan, col suo carattere abissale, insondabile, spiega il nazionalsocialismo più di quanto lo facciano, messi insieme, i predetti tre ragionevoli fattori".
Insomma, l'archetipo redivivo sarebbe in grado di spiegare la direzione che sta prendendo l'umanità.
E continua: "Gli archetipi somigliano a letti di fiume abbandonati dall'acqua, che può farvi ritorno in un momento più o meno lontano; sono come vecchi fiumi nei quali le acque della vita sono fluite a lungo, per poi sparire nel profondo; quanto più a lungo sono fluite nella stessa direziono, tanto più è probabile che prima o poi facciano ritorno al loro letto. Se nella società umana, e specialmente all'interno dello stato, la vita del singolo è regolarizzata come un canale, la vita delle nazioni è come la corrente di un fiume impetuoso che nessuno domina; [...] Cosi la vita delle nazioni scorre via senza freno, senza guida, inconscia, come un macigno che precipita giù per un pendio, fermandosi soltanto davanti a un ostacolo insuperabile. Perciò gli avvenimenti politici passano da un vicolo cieco a un altro, come torrenti che si insinuano per burroni, meandri e paludi. Dove non è il singolo a muoversi, ma la massa, il controllo umano vien meno, e gli archetipi cominciano a operare; lo stesso accade nella vita dell'individuo quando si trova davanti a situazioni che le categorie a lui note non riescono più a padroneggiare".
Tale modo di vedere può senz'altro sembrare estremamente fragile in situazioni di emergenza, in cui uomini e donne sono impegnati a salvare la vita di altri uomini e donne. Ma, mentre accetto di rinunciare alle mie libertà primarie per il bene comune, mi domando quale forza primitiva si vuole mostrare all'umanità inciampata in un ostacolo all'apparenza insormontabile.

A questo link è possibile leggere il saggio.