venerdì 27 marzo 2020

Diciottesimo giorno

Il 19 marzo, trascrivevo l'esagramma 57 dell'I Ching. La Sentenza dice alla fine: "Propizio è vedere il Grande Uomo". Chi è, nella città invisibile percorsa ieri, il GRANDE UOMO?
L'allieva, amica e collaboratrice di Jung, Barbara Hannah, racconta sia in Vita e opere di C.G. Jung (Rusconi, 1996), sia in Encounters with the Soul (Chiron Publications, 2001), una storiella che il suo maestro narrava spesso e che le consigliò di non dimenticare mai e di ripetere all'inizio di ogni conferenza. Dice la Hannah nella Vita: "[...] forse riuscirà difficile, per molti lettori occidentali, ammettere che la vita interiore di Jung avesse tanta importanza (e l'avesse anche per i suoi pazienti e per quanti lo circondavano), in anni in cui il mondo esterno si torceva nelle sofferenze della guerra".
No, il GRANDE UOMO evocato non è Jung, ma il protagonista di quell'episodio riportatogli da Richard Wilhelm, sinologo e curatore dell'I Ching, che questi aveva vissuto in prima persona durante la sua permanenza in Cina.
Ebbene, Wilhelm si era trovato in un villaggio Cinese colpito dalla siccità. Le preghiere e gli incantesimi degli abitanti non bastarono a generare la pioggia, così gli anziani del villaggio confessarono allo straniero che bisognava far giungere da lontano un mago. Wilhelm era curioso di incontrarlo - anche io lo sarei stata! - così attese il suo arrivo: un vecchietto grinzoso su un carro coperto. Non era proprio un GRANDE UOMO, ma nella città invisibile le cose non sono solo ciò che sembrano. Questo presunto mago, non alzò le mani al cielo, non pronunciò indecifrabili incantesimi, ma volle soltanto ritirarsi in una tenda e non essere disturbato per alcun motivo. Avrebbero messo il cibo fuori dall'uscio senza incontrarlo mai. Dopo tre giorni, iniziò finalmente a piovere e a nevicare sebbene non fosse la stagione adatta. Wilhelm allora domandò all'uomo come avesse fatto a far piovere. Quello scosse il capo e disse: "Ma no, le cose sono andate in tutt'altro modo. Vedi, io provengo da una regione dove tutto procede per il meglio, piove quando è necessario e fa bel tempo quando occorre, e anche la gente è a posto e in pace con se stessa. Non così invece la gente di qui, la quale è fuori dal Tao e fuori di sé. Quando ho messo piede nel villaggio sono stato subito contagiato [sceso dal carro "aveva fiutato l'aria con espressione disgustata" - n.d.r.], per cui ho dovuto starmene da solo finché non sono tornato nel Tao, e allora com'è ovvio s'è messo a piovere".
Mi ricorda "il vivere in armonia con le leggi della propria natura" e "il periodo di riposo e un rinnovo di forze" di Paracelso.
Mi ricorda la necessità dell'attesa dell'esagramma 23, LA FRANTUMAZIONE.